Benvenuti a un nuovo appuntamento con le interviste de “La favola del successo”, la collana di libri dedicata agli imprenditori e a chi desidera accrescere il proprio know-how. Oggi dialoghiamo con Giuseppe Addamo, che è il founder di VAIA, una start-up nata dalla volontà di cambiare prospettiva, trasformando gli esiti di un evento traumatico e disastroso in qualcosa di positivo.
Con lui parleremo di un libro che ancora non esiste, ma lo immagineremo insieme come strumento utile per trasformare la sua esperienza di vita in un contenuto fruibile dai lettori e capace di migliorare l’esistenza di tutti.
Cominciamo però dall’inizio: Giuseppe Addamo, ci vuoi raccontare cosa è VAIA e di cosa si occupa?
“Innanzitutto grazie per l’invito e per la possibilità di immaginare assieme quello che potrebbe essere il racconto della storia di VAIA, la startup che ho fondato assieme agli amici Federico e Paolo. L’idea da cui tutto è partito è quella di restituire qualcosa all’ecosistema in cui tutti viviamo e che ci sostiene. È un’idea nata da una catastrofe climatica, una delle più terribili degli ultimi 50 anni in Italia, che molti conoscono con il nome di “Tempesta Vaia”.
Si è trattato di un vero e proprio ciclone extra mediterraneo di portata eccezionale che si è consumato in una sola notte, il 29 ottobre del 2 018, sopra le aree montane del Veneto e del Trentino Alto Adige. In quella sola notte sono caduti circa 42 milioni di alberi! Un vero e proprio sconvolgimento di tutto quell’ecosistema, dal punto di vista economico, ambientale e anche sociale. Per chi, come noi, viveva in quelle aree, la tempesta è stata anche interiore…
Tutto ciò ci ha portato a chiederci: come possiamo fare fronte alle conseguenze imprevedibili e tangibili dei cambiamenti climatici? È così che ci è venuta l’idea di fondare una startup che, appunto, contribuisse a rigenerare i territori colpiti dalla Tempesta Vaia”.
Questa vostra esperienza non è solo una storia imprenditoriale, ma è anche un percorso in cui si incontrano problematiche e domande profonde sul nostro rapporto con l’ambiente e sul nostro futuro, che oggi interrogano tutti noi.
I libri de La Favola del Successo hanno prima di tutto lo scopo di essere utili, di dare una risposta a un problema che assilla il lettore. In questo caso, quali ti immagini che potrebbero essere i lettori del tuo libro, a quale target ti vorresti rivolgere?
“Credo che tutti noi, a un certo punto della nostra vita, sperimentiamo la frustrazione di constatare che nel mondo ci sono tante ingiustizie, da tanti punti di vista: economico, sociale e anche ambientale… Alcuni accettano la situazione così come è, altri non possono sottrarsi dal cercare di cambiare le cose o almeno dal provarci. Spesso poi ci si rende conto che, in realtà, non si riesce a cambiare il mondo, ma sicuramente è possibile cambiare se stessi.
E questa è già una grandissima rivoluzione, perché cambiare se stessi significa cambiare il nostro sguardo sul mondo, aprire una prospettiva nuova e diversa, che forse potrà trasformarsi in un cambiamento ancora più grande e incisivo. VAIA è il nostro contributo a questa nuova prospettiva, è il nostro modo di dimostrare che si può fare impresa in un’ottica positiva, creando valore in un senso più ampio di quello puramente economico, includendo anche gli aspetti sociali, ambientali ed etici.
Un libro che racconti la nostra storia si potrebbe, secondo me, rivolgere a tutte le persone che sentono il bisogno di cambiare le cose e stanno cercando di capire come trasformare questo bisogno in una progettualità concreta e organica”.
Un passaggio “obbligato” delle nostre interviste consiste nell’ideare il titolo del libro che stiamo immaginando. Il titolo è fondamentale per libri utili come quelli della Favola del Successo, perché, come diciamo sempre, non sono opere autocelebrative, non servono solo all’autore per togliersi il capriccio di vedere il proprio nome fra gli scaffali delle librerie.
Sono libri fatti per essere letti, e il lettore li cerca proprio a partire dal titolo, che deve in qualche modo richiamare il problema che lui vuole risolvere o il risultato che vuole raggiungere.
In questo caso si potrebbe pensare a un titolo shock, come ad esempio “Natura morta”, che evoca il disastro della Tempesta Vaia e il grande tema degli ecosistemi in pericolo, affiancando poi al titolo un claim, uno strillo, che possa far venire in mente quale può essere la soluzione a questo problema del rischio di morte della natura…
“Quello che proponete è un bellissimo contrasto, che si lega molto bene all’idea che sottende tutto il nostro progetto, ovvero che nella vita non possiamo sempre decidere quello che ci accade, ma possiamo decidere come reagire. Quindi come trasformare qualcosa di brutto in qualcosa di bello o comunque trasformarlo in qualcos’altro. La realtà di VAIA è esattamente questo.
Siamo partiti dalle meravigliose montagne delle Dolomiti, che noi tanto amiamo, dai loro splendidi boschi vivi e donatori di vita, che, in una sola notte, sono divenuti un cimitero! Non ostante lo sgomento per questa ingiustizia ecologica abbiamo avuto la forza di guardare con una prospettiva diversa e ci siamo accorti che tutti quegli alberi caduti potevano rappresentare ancora una risorsa, un capitale. La nostra vision è quella di rigenerare territori e le comunità locali.
Oggi nelle Dolomiti, domani in altri luoghi, con altre materie prime. Certo non possiamo tornare indietro, non si può trasformare la morte in vita, ma si può riportare il brutto a qualcosa di bello, rimettersi in gioco, dare valore a una cicatrice come segno visibile di quello che si è attraversato e si è superato, di una ferita che è stata inferta, ma poi si è rimarginata perché abbiamo saputo prendercene cura”.
A questo punto forse abbiamo trovato anche il sottotitolo: “Natura morta – la storia di VAIA per rigenerare il territorio e trovare benessere”.
Questo libro potrebbe far cambiare interiormente il lettore e magari aiutarlo ad acquisire il mindset giusto per fare veramente qualcosa per l’ambiente e le generazioni future.
“Starei sicuramente su questa scia, anche se devo dire che, personalmente, non compro quasi mai libri per avere utilità, ma per la loro bellezza. Devo dire però che c’è un libro “utile” che ho davvero apprezzato, si tratta di “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman. È un’opera straordinaria secondo me. La cosa che mi porto a casa da quel libro è il fatto che noi esseri umani non siamo così razionali come crediamo di essere. Ma siamo molto più emotivi e abbiamo sia schemi razionali che schemi emozionali e, per prendere scelte ed elaborare dati, bisogna essere consapevoli di queste caratteristiche del nostro pensiero”.
Bellissimi questi concetti, Giuseppe Addamo! Ora però vorremmo portarti ad immaginare più nel dettaglio la struttura e l’articolazione del tuo libro, che potrebbe partire con il racconto del problema, ovvero dalla catastrofe della Tempesta Vaia. Poi si potrebbe passare alla descrizione della reazione ponderata e mediata, fatta col cervello, perché molto spesso le reazioni possono essere impulsive; invece nel mezzo ci dev’essere quel pensiero lento che tu hai citato.
Ci vuole una cesura, come si dice in poesia, che permetta al pensiero lento di funzionare e trovare delle alternative. Poi verrebbe la vostra storia, la storia di VAIA, sarà il leitmotiv del libro, intervallato da passi in cui tu parli al lettore disquisendo su determinate tematiche. Si potrebbero anche fare dei box di approfondimento, come delle pietre miliari di apprendimento lungo la strada costituita dalla storia di VAIA…
È un’idea che mi piace molto: un libro sfidante, ma che tracci un percorso e faccia anche capire come le difficoltà nascono e si affrontano una tappa dopo l’altra, imparando strada facendo e cercando di volta in volta le soluzioni più appropriate. La storia di VAIA è proprio fatta così! Non siamo nati imprenditori o manager, abbiamo solamente portato avanti questa impresa che incarna il nostro desiderio di cambiare le cose, cercando di trovare i collaboratori giusti e di costruire con loro delle relazioni positive per le persone e produttive per l’azienda. Questa è la cosa che ogni giorno cerchiamo di fare: costruire una dinamica nella quale le persone stanno bene e, stando bene, lavorano al meglio, credono in certi valori e li vedono concretizzarsi nell’operare dell’azienda, ci mettono passione e si divertono anche. Quando riesci a lavorare in questo modo tutto quello che fai viene più naturale, più facile”.
Rendere il proprio fare naturale, a immagine della natura e quindi ecosostenibile, davvero interessante! Ora però è venuto il tempo di salutarci: Giuseppe Addamo, ti ringraziamo per questa chiacchierata e speriamo di vedere presto sugli scaffali il libro dedicato alla storia di VAIA!