Cristina Migliorelli immagina il libro “La felicità è nel movimento”, con La Favola del Successo

Interviste

Eccoci a un nuovo appuntamento con le interviste de “La favola del successo”, la collana di libri dedicata agli imprenditori e a chi desidera accrescere il proprio know-how. Oggi dialoghiamo con Cristina Migliorelli, una danza-terapeuta che immaginerà con noi il suo libro.

Benvenuta Cristina! Quindi oggi parleremo della tua professione in una veste speciale, immaginando il libro che racconta la tua esperienza, ma soprattutto l’utilità di ciò che fai. Cominciamo proprio da qui: quali sono i problemi e le esigenze delle persone che si rivolgono a te e alla danzaterapia?

“Il punto di partenza, per me, non sono tanto i problemi, quanto la gioia di muoversi e danzare. L’utilità della danzaterapia sta nel sciogliere la tensione del corpo e nello sperimentare la bellezza del poter esprimere attraverso il movimento la propria unicità. Come abbiamo il nostro peculiare modo di camminare o di gesticolare, così anche nella danza possiamo trovare una nostra modalità per esprimere le emozioni, il nostro modo di sentire e di vedere, che è unico e irripetibile. Questo è il potere terapeutico della danza, che diviene uno spazio magico dove ognuno di noi, uomini, donne, grandi, piccoli, ognuno con i suoi limiti, può trovare una dimensione in cui ritrova veramente se stesso, riuscendo a sciogliersi, a non pensarsi ma a sentirsi. Spesso ci rapportiamo alla danza come a un qualche cosa che sta dentro ai teatri e che solo chi ha un corso di studi ed esercizi specifici può praticare. Invece la danza terapeutica ti dice: guarda, danzare è un tuo diritto, è un grande dono che ti consente di esprimerti e di sciogliere tutta la tua fisicità, ritrovando la tua energia e la tua voglia di vivere”.

Da quello che hai detto direi che emergono comunque i bisogni di chi si può rivolgere alla danzaterapia. Ad esempio quelli delle persone troppo “cerebrali”, che non riescono più a capire le proprie sensazioni e quindi ne sono preda. O magari non riescono ad avere un rapporto sereno con il proprio corpo, forse perché l’hanno sempre trascurato mettendo la mente al primo posto. È corretto?

“Esatto. Siamo figli di una cultura che punta tutto sul pensiero e il ragionamento. Anche tutto il filone terapeutico è focalizzato sul dialogo e sulla parola come strumento di conoscenza di sé e di guarigione. In realtà, anche il corpo ci parla con un suo linguaggio specifico e spesso esprime istanze e problemi molto profondi. La danzaterapia ci aiuta a riconoscere quali sono i nostri punti di forza e quali i nodi da sciogliere. Il concetto fondamentale è che le emozioni si depositano sul corpo e diventano delle contratture fisiche. Quando danziamo, andiamo a sciogliere non solo il corpo, ma anche l’emozione collegata a quella contrattura. Quando siamo nervosi, ad esempio, contraiamo la mandibola. Oppure contraiamo le spalle e abbiamo problemi di cervicale. Se abbiamo una contrattura che toglie la fluidità del respiro, significa che siamo sempre in sospeso, che non permettiamo di esprimere completamente tutto ciò che sentiamo. Il corpo ci sta dicendo che tutti i nostri problemi li stiamo pensando e li stiamo bloccando in quella contrazione. William Wright, che era uno psicologo coevo di Freud, aveva notato che i suoi pazienti spesso contraevano alcune parti del corpo. Quindi aveva cominciato a trattarli con i massaggi. Si era così reso conto che, dando sollievo alla parte del corpo contratta, l’energia circolava e il paziente otteneva un miglioramento anche sotto l’aspetto psichico ed emozionale. A maggior ragione, la danzaterapia ti dice: tu hai il potere di guarirti, tu hai il potere di stare meglio, non pensarti ma comincia ad ascoltarti”.

Quello che hai raccontato ci ispira un possibile titolo per il tuo libro, un titolo davvero bellissimo: “La felicità è nel movimento”. A questo si potrebbe affiancare il sottotitolo che hai pensato tu quando ci hai scritto, per candidarti alla realizzazione del libro: “La danza della salvezza, un viaggio olistico verso l’armonia interiore”. Tornando però agli argomenti, un altro tema importante da trattare potrebbe essere quello della coralità, del potere della danza nel creare relazione, armonia fra chi si muove allo stesso ritmo. Un po’ come avveniva per il coro dell’antico teatro greco, che non si esprimeva all’unisono solo nel canto, ma, soprattutto, nel ballo, nel movimento corporeo. Non per nulla nella danza si parla di “coreografia”. Quindi il punto focale è il seguente: se noi vogliamo fermare questa mente che ci inganna, perché non è a contatto con la realtà ma vive la sua realtà immaginata, la danza può farci regredire a quello stato di bambino, quello stato primordiale, libero, che ci dà più potere, più facoltà e di conseguenza sblocca il respiro, sblocca quel parasimpatico che è il sistema responsabile delle muscolature che noi non controlliamo in maniera volontaria.

“Certamente! Infatti se noi guardiamo un bambino quando piange o quando ride, tutto il corpo manifesta quell’emozione. E sia Wright che Lohen hanno notato negli adulti questa scissione tra la coscienza e il corpo, per cui io penso di trasmettere gioia quando in realtà magari i miei occhi esprimono tristezza o distacco. Arrivare a esprimere con fluidità e con coscienza le nostre emozioni per poterle accogliere, per poterle gestire e per poterne anche magari fare parte, è il grande aiuto che la danzaterapia ci può dare”.

Potremmo affermare che il “non detto”, che si esprime attraverso il corpo, è fondamentale quanto e più di ciò che viene detto attraverso la parola e il filtro della mente razionale. Giusto?

“Nell’espressione e nella comunicazione ci sono sicuramente tanti livelli, ma si parte dal suono che una persona fa arrivando, dal rumore dei suoi passi: se sono veloci, lenti, pesanti, leggeri, anche senza vederlo, si può già intuire chi sia e anche quale sia il suo stato d’animo. La sessione di danzaterapia parte dal suono. Poi dall’aspetto fisico, ma bisogna andare sempre al di là del giudizio. Non ci interessa come è vestito, non ci interessa il ruolo sociale che ricopre, ci interessa la persona, l’individuo. Quando si va al corpo, il ruolo che noi indossiamo con i nostri abiti viene messo da parte. Siamo sullo stesso piano. Anche il terapeuta è in questa condizione, perché anch’io mi metto in discussione, anch’io sono corpo e presenza quando lavoro con le persone. Quindi ho da monitorare me stessa per poi poter essere più centrata e serena possibile per accogliere l’altro. C’è sempre un doppio lavoro, sia su se stessi che di empatia e accoglienza dell’altro. È qui che emerge il tema del ritmo, che è duplice. Perché, quando danzi con l’altro, stai sempre dentro a una danza strutturata. Hai dei passi ben stabiliti, un ritmo e una coreografia. Se non sei dentro a questo insieme non puoi danzare. Quando invece vai nello spazio della danza creativa allora danzi per te stesso, hai il ritmo che vuoi. A meno che io terapeuta non metta le musiche adatte per farti arrivare a quel tipo di emozione, a quel tipo di lavoro. Allora c’è il ritmo veloce per scaldare, quello più lento è per riposare, per far prendere contatto col respiro, ecc. Io sono cresciuta col metodo di Maria Fux, la cui prima allieva fu una ragazza sorda. Tutti dicevano: come è possibile insegnare a danzare o a muoversi a una ragazza sorda? Maria Fux cosa ha fatto? Le ha insegnato a danzare col ritmo del cuore. Per capire il ritmo prima di tutto bisogna sentire il proprio cuore. Tutto parte da lì. La musica deve arrivare al cuore. Poi c’è la fluidità del respiro. Io sono fluida nel prendere energia, nel portare fuori l’energia ed è un circolo, ma se non ascolto il mio cuore non posso comprendere il ritmo che è in me”.

Partendo da tutte queste cose interessantissime che hai detto, potremmo già immaginare i capitoli del tuo libro. Uno potrebbe essere focalizzato sulla mente staccata dal corpo, un altro sui segnali che il corpo ci manda, poi i nodi da sciogliere, oppure le emozioni che si depositano sul corpo, a seguire, l’utilità di regredire come i bambini. Si potrebbe poi dedicare un capitolo al tema “tu hai il potere di guarirti” e “smetti di pensarti e ascoltati senza giudicarti”. Infine, il metodo di Cristina. Ovviamente ci sono tante altre tematiche interessanti e sarà necessario fare una selezione, ma la sequenza potrebbe essere: problemi, soluzioni, argomentazioni e vita dell’autore, che, secondo la nostra esperienza, è lo schema più attuale per avvincere il lettore.

Visto che il tempo a nostra disposizione sta per terminare, ti vorrei far salutare il pubblico de La Favola del Successo…

“Ciao a tutti, vi voglio augurare tanta danza, anzi, buona danza a tutti!”.

Grazie Cristina, speriamo di vedere presto il tuo libro pubblicato nelle librerie italiane!

 

GUARDA LA VIDEOINTERVISTA DI CRISTINA MIGLIORELLI:

Diventa anche tu un autore della collana
"La Favola del Successo"

Contattaci per qualsiasi chiarimento e per cominciare a realizzare il tuo libro!

Noi ti consigliamo di iniziare dal questionario per poterti fornire subito una prima visione sulla fattibilità!

Solo 3 mesi per realizzare il tuo libro di successo

Solo 5 mesi per posizionarlo nelle librerie