Alexia Battistella immagina il libro “Perdersi per ritrovarsi nello stile”, con La Favola del Successo

Interviste

Benvenuti a un nuovo appuntamento con le interviste de “La favola del successo”, la collana di libri dedicata agli imprenditori e a chi desidera accrescere il proprio know-how. Oggi dialoghiamo con Alexia Battistella, project manager presso Flower srl, specializzata nella parte creativa di abiti di moda.

Alexia, partiamo da quello che potrebbe essere il titolo del tuo libro, per poi parlare anche di quello che fai e della tua azienda. Parliamo di questo titolo, tu come l’hai immaginato?

“Il titolo che avrei pensato è “Perdersi per ritrovarsi nello stile”. Ho pensato a questo titolo un po’ rifacendomi alle parole di David Lynch, il celebre regista venuto a mancare proprio in questi giorni. Lui descriveva appunto quanto nella vita sia fondamentale, ad un certo punto perdersi, per poi ritrovarsi. In questa perdita, da un punto di vista interiore più che fisico e geografico, c’è qualcosa di meraviglioso, no? Questo perdersi poi l’ho ricollegato ad un viaggio che feci un paio d’anni fa con delle amiche, in cui ci siamo letteralmente perse nelle distese della California, per poi ritrovarci più cresciute. Da questa esperienza è nata anche l’idea del mio brand, perché le immagini che stampo sulla seta degli abiti sono proprio foto che ho scattato durante quel viaggio”.

Prova a raccontarci un po’ del tuo brand e anche della linea di prodotto speciale che hai creato…

“La creatività nel mondo della moda ha sicuramente un vasto spazio, ma anche dei limiti, perché alla fine devi comunque direzionarti ad un mercato, altrimenti rimane creatività fine a se stessa. Si parte da una totale libertà, soprattutto in una prima fase in cui pensi a cosa vorresti avere addosso e ti ispiri all’arte, alla natura, alla musica, alla letteratura, un sacco di cose, e poi gli dai una connotazione più pratica attraverso l’ideazione di un modello, una giacca piuttosto che una maglia, e da lì poi parte tutto un sistema fatto di cose molto pratiche, ma che ha sempre alla base la creatività. Il mio modo di creare capi di moda parte da elementi molto basilari, che poi si possono declinare in diverse modalità. Negli anni ho visto comunque mutare il concetto di creatività nella moda e, ovviamente, questo dipende anche da un mercato, che si trasforma sempre più velocemente. La creatività però ha bisogno di tempo ed è difficile conciliare questa necessità con i ritmi che la società e il mercato impongono. Bisogna trovare un compromesso, un equilibrio tra due cose che sembrano molto diverse, ma in realtà anche la creatività ha bisogno di disciplina, quindi di tempistiche, di metodo, perché altrimenti è semplicemente un perdersi senza poi ritrovarsi, senza arrivare a una conclusione concreta e fruibile dello straordinario viaggio che è stato il percorso creativo”.

Nella tua linea specifica, che è Oida, hai messo in pratica questo concetto di fusione fra praticità e creatività. Prova a parlarcene…

“Sì, l’ho fatto prima di tutto dal punto di vista dei materiali, dando largo spazio all’utilizzo del Denim, ovvero del classico jeans, e poi ad altri materiali comuni come il canvas, riconducibile ad uno stile che viene definito “workwear”, quindi, quasi da lavoro. Questi materiali li declino applicandoli a capi che possono essere utilizzati sia in occasioni casual che eleganti, fino ad arrivare a cose più concettuali. Sono abiti che si applicano alla quotidianità, ma possono assecondare la diversità del modo in cui una persona si sente. Magari c’è la giornata in cui uno vuole osare da un punto di vista dei colori o dei materiali o dei tessuti, e un’altra in cui invece vuole sentirsi più casual o comfort”.

Raccontaci del nome Oida. Come l’avete trovato e che cosa esprime?

“Oida deriva dal greco e significa che noi siamo il frutto di ciò che abbiamo vissuto. Mi piaceva questa cosa, perché ognuno di noi ha un bagaglio di esperienze e mi intrigava molto l’idea di poterlo trasmettere in una realtà come la moda, che viene considerata spesso l’apoteosi dell’effimero o comunque della superficialità”.

Simmel, un celebre psicologo, diceva che la moda per differenziare uniforma. Quindi alla fine tutte le persone che vogliono essere uniche seguendo la moda, poi diventano uguali alle altre. Tu cosa ne pensi?

“In passato la moda è stato anche strumento di emancipazione, se si pensa alle prime minigonne per le donne o al rifiuto delle divise scolastiche. Oggi il Fast fashion ha deteriorato questo concetto, ha omogeneizzato tutti, nel senso che, se usciamo un sabato pomeriggio in un centro città, vediamo la maggior parte delle persone vestite nello stesso modo. Se all’inizio questo concetto di moda è nato come rendere più accessibili certi capi, cosa giustissima, ha finito però per omologare le persone. Ora, comunque, qualcosa sta cambiando: sempre più vedo attorno a me persone che hanno l’idea di acquistare meno, ma con maggiore qualità e identità”.

Sarebbe molto importante nel tuo libro dare valore a questa capacità di individuare la propria identità nel vestire. Si potrebbe ad esempio dedicare un capitolo ai consigli su come costruire quegli abbinamenti che esprimono originalità e personalità. Cosa ne dici?

“Certo, gli abbinamenti sono importanti, così come anche la sovrapposizione di stili diversi”.

Quindi, ricapitolando quello che potrebbe essere il libro, si potrebbe partire dal motto perdersi per ritrovarsi nello stile, ragionando sulla dinamica della creatività e della praticità. Poi si potrebbe parlare di Oida per ispirare i lettori già subito con qualcosa di pratico, quindi Oida potrebbe essere il tuo metodo per far capire ai lettori come abbigliarsi, come trovare la propria unicità e identità nel vestire. Poi si potrebbe parlare della disciplina della creatività, della moda attuale e futura per renderci unici e non uniformati a tutto il gregge. Un capitolo lo si potrebbe dedicate anche al vestirsi secondo i diversi stati d’animo, una proposta davvero affascinante!

“La psiche è umana e vasta, se in ogni parte della psiche ci fosse un abito, saremmo più che contenti di produrli!”.

Si potrebbe dedicare anche un capitolo alla memorabilità dei vestiti, al modo di sceglierli per far diventare una certa esperienza indimenticabile. Poi un capitolo su abbinamento, accessori e sovrapposizione di stili…

“Certo! Anche perché io farei fatica a categorizzarmi un unico stile. Ci sono persone che ci riescono, è in linea con la loro identità. Se hai un’identità un po’ eclettica o poliedrica, secondo me fai fatica a identificarti in un unico stile”.

Infine ci potrebbe essere, come nella maggior parte dei libri de La Favola del Successo, una postfazione che tu potresti farti scrivere da qualcuno di famoso che conosci. Come vedi non verrebbe un’opera autoreferenziale, che racconta solo di te, ma un libro utile a tutti i lettori che vogliano acquisire un senso diverso della propria moda e anche del piacere di vestirsi.
Grazie per questa chiacchierata Alexia e speriamo di ritrovarci presto a leggere il tuo libro!

 

GURADA LA VIDEOINTERVISTA CON ALEXIA BATTISTELLA:

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